Corriere della Sera -
mercoledì 20 novembre 2002
Prg, l’appello degli intellettuali: «Nascite in calo, cemento inutile»
Il sindaco Veltroni:
«Con i suoi 87 mila ettari di campagna Roma resta la capitale con più verde
d’Europa»
di
Roberto della Rovere
«Il Piano regolatore generale in discussione prevede nuove cubature edilizie in
misura ingentissima e quindi, parallelamente, un consumo di suoli liberi e
agricoli di uguali proporzioni. Tutto ciò a fronte di un drastico calo di
popolazione». Le nuove quantità di cemento previste dal nuovo Piano regolatore
proprio non vanno giù a una folta schiera di intellettuali romani: da Vittorio
Emiliani a Maurizio Calvesi, da Giuseppe Cederna a Francesca Sanvitale, da Lucio
Villari a Roman Vlad, da Cesare De Seta a, tra tanti altri, Antonio Ghirelli. I
quali, proprio mentre sul «tavolo verde» capitolino si profila un sofferto
accordo tra i vari soggetti politici ed economici della città, hanno reso
pubblica ieri una lettera appello che è anche un sos sulla conservazione del
verde residuo della capitale. «Le nuove cubature giudicate "ingentissime"»?
Non si è fatta attendere la replica del sindaco Veltroni: «Rappresentano
comunque la metà delle previsioni tuttora vigenti per il Piano del ’62, né
credo si possa ignorare il fatto che con i suoi 87 mila ettari di suolo agricolo
e verde (il 67% del territorio comunale) Roma è la capitale con più verde
d’Europa».
Secondo i firmatari dell'appello invece la quantità di ulteriore cemento
prevista dal piano non si giustifica. Se infatti «per decenni Roma è stata
investita da una immigrazione di massa», da un ventennio «quella crescita si
è fermata. Anzi si è determinato un calo di popolazione ormai prossimo a mezzo
milione di residenti. Soltanto nell’ultimo decennio la riduzione è stata pari
al 10%, accompagnata da un calo demografico nella stessa area metropolitana. Dal
Centro storico poi, l’esodo di residenti, stando ai dati censuari, è ripreso
in modo marcato dopo anni di relativa stabilità».
«A noi sembra - conclude la lettera-appello - che sia più che mai il momento
di una politica urbanistica che punti a non impoverire ulteriormente il
patrimonio dell’Agro romano, a pianificare la nuova edilizia in una dimensione
adeguata alle esigenze reali della popolazione e soprattutto a recuperare,
migliorandone la vivibilità, interi comparti edilizi, storici, vecchi o
degradati, attualmente vuoti, dismessi o sottoutilizzati».
«Non entro ora - replica il sindaco di Roma - nel merito delle questioni
tecniche, voglio più semplicemente rassicurarvi sulla filosofia generale che
ispira il piano. Siamo d’accordo, per citare i punti che voi sollevate,
sull’esigenza di non impoverire ulteriormente il patrimonio dell’Agro
romano, di pianificare la nuova edilizia in una dimensione adeguata, di
recuperare, migliorandone la vivibilità, interi comparti edilizi storici
degradati attualmente vuoti, dimessi o sotto utilizzati». Anche l’assessore
all’urbanistica del Comune di Roma, Roberto Morassut, intervenendo sulle
questioni sollevate nell’appello degli intellettuali, osserva che «il
confronto di queste settimane nella maggioranza e nel tavolo verde ha
individuato i contorni di una intesa fortemente voluta dal sindaco sul
ridimensionamento delle previsioni e sul nuovo uso possibile di suolo agricolo».
Il Manifesto - Sabato 1 luglio 2000
Il mistero del piano regolatore
di VEZIO DE LUCIA
Nei prossimi giorni si svolgerà a Roma la quarta conferenza urbanistica. La prima fu presieduta da Giulio Carlo Argan nel 1977, la seconda da Luigi Petroselli nel 1981, la terza da Nicola Signorello nel 1986. Adesso sarà Francesco Rutelli a fare il bilancio delle cose fatte e da fare.
In passato, le conferenze sono state precedute da molte discussioni. Stavolta sembra che si tratti di un'iniziativa clandestina. A una settimana dall'inizio non se ne sa quasi niente, non mi pare che ci siano documenti predisposti per la circostanza, la stampa non ha dato quasi notizie. In realtà, l'amministrazione non aveva alcuna voglia di aprire una discussione sull'urbanistica, se lo fa, per rispettare l'impegno assunto con Rifondazione comunista, e in particolare con Sandro Medici, è per rispondere alle sollecitazioni di Italia nostra e delle altre associazioni che da qualche tempo reclamano la conferenza. L'occasione è comunque importante, e spero che sia ben utilizzata. Per questo vorrei sottolineare alcuni punti particolari.
1. In primo luogo, mi pare utile inquadrare le cose di Roma in un panorama delle tendenze più recenti dell'urbanistica nazionale. Non si può non cominciare da Milano, dove si sta dispiegando un inedito e micidiale aggiornamento del cosiddetto rito ambrosiano: la disinvolta procedura edilizia praticata nel capoluogo lombardo nel primo dopoguerra. Un recente documento della giunta Albertini contesta alla radice l'ordinamento giuridico in materia di governo del territorio. In un intervento su Il sole-24 ore, l'assessore all'urbanistica milanese ha innocentemente dichiarato che non devono essere i progetti a uniformarsi alle prescrizioni dei piani ma, al contrario, si devono adeguare i piani regolatori ai progetti. La chiamano flessibilità. I presupposti per l'attuazione di questo disegno sono forniti dai nuovi istituti introdotti dal legislatore (accordo di programma, patto territoriale, contratto d'area, eccetera), che consentono di scardinare i piani regolatori. Edoardo Salzano ha scritto che le forme "consensuali" di decisione esaltate dalla linea milanese sono utilizzate "proprio per facilitare quelle pratiche di perverso intreccio tra poteri pubblici e interessi privati cui è stato dato il nome di Tangentopoli".
La milanese si esporta in tutta Italia. Nel Mezzogiorno, quasi dovunque, le speranze di rinnovamento delle prime amministrazioni elette dopo Tangentopoli sono in via di estinzione. Il nuovo piano regolatore di Napoli sta da due anni in attesa. Demolito il mostro di Fuenti, se ne costruisce un altro nella penisola Sorrentina, nel comune di Castellamare di Stabia, ancora più brutto e ingombrante. Si cede al vento del nord.
In alternativa, sopravvive la tradizionale buona amministrazione della Toscana, dell'Emilia Romagna, dell'Umbria, e di pochi altri luoghi, dove - anche se con qualche affanno - leggi e piani urbanistici continuano a funzionare. Ma l'egemonia politica e culturale è in stato d'assedio. Finora non è stata assunta alcuna iniziativa che denunci l'esasperazione contrattualistica e il privatismo a oltranza.
2) E a Roma? A Roma si segue il rito ambrosiano, anzi lo si è anticipato. Senza dirlo, forse senza saperlo. Talvolta dichiarando il contrario. In effetti, che cos'è il "pianificar facendo" se non il liberismo milanese presentato come una necessità transitoria, in attesa del nuovo piano? Ma siamo a quasi sette anni dalla prima amministrazione Rutelli, e del nuovo piano regolatore, che il programma del sindaco indicava fra gli impegni prioritari, non c'è traccia. Se ne conoscono solo sintesi e brandelli. Il nuovo piano, se mai arriverà, sarà a giochi ormai fatti. Una specie di perfido regalo per quelli che verranno dopo. Intanto si continua come se la sua elaborazione fosse eterna. In un recente documento Ds si propongono ancora interventi "che anticipano il nuovo piano".
Almeno sui tempi del piano la conferenza urbanistica dovrebbe fornire informazioni sicure. Un punto però va chiarito subito. E' inaudito pensare che ci vogliano sette anni e più per fare un piano regolatore. Non può che essere questo il punto di partenza per qualunque seria riflessione sull'urbanistica (romana e nazionale). La linea milanese parte dalla critica all'inadeguatezza dell'attuale strumentazione urbanistica per proporne l'obliterazione, a favore dell'immediata attuazione delle operazioni immobiliari. I banditori della destra lombarda se la prendono astutamente con il piano regolatore e con le sue procedure. E' una trappola. L'imbroglio sta nel confondere lo strumento con le politiche. Dove l'amministrazione dell'urbanistica funziona, per fare e rifare piani e strumenti urbanistici bastano pochi mesi, non esiste l'emergenza (n il ricatto dell'emergenza) delle procedure urbanistiche.
Certamente il piano regolatore non può più essere quello del 1942, strumento unico e onnipotente per il governo del territorio, ormai incompatibile con il sistema giuridico e istituzionale. Nella nuova legge urbanistica del Lazio, la strumentazione urbanistica è del tutto nuova. Proviamo a utilizzarla.
3. A Roma, aspettando il nuovo piano, è successo di tutto. Nel bene e nel male. Non sono poche le cose buone: la sistemazione di strade e piazze nel centro storico (il percorso pedonale sull'antico viadotto ferroviario dalla stazione di San Pietro al Vaticano una meraviglia), la politica dei parchi e del verde, la definitiva approvazione della variante di salvaguardia che sottrae al cemento ben 50 mila ettari in agro. Ma è pesante il bilancio degli errori e delle inadempienze: la menomazione del progetto Fori e dello Sdo; l'abbandono del piano delle periferie; le lottizzazioni di Tormarancia e Bufalotta; il polo della Magliana, Fonopoli, il parcheggio del Gianicolo, eccetera.
Nel libro sul Giubileo, Paolo Berdini ricorda che negli ultimi sette anni sono stati autorizzati a Roma ben 52 milioni di metri cubi (pi o meno una citt come Verona), e documenta con accuratezza la pratica della contrattazione con la propriet fondiaria. Qualche settimana fa, nell'apertura della cronaca romana, la Repubblica denunciava a tutta pagina, con stupore, "cemento nel parco di Decima". Fra boschi di sughere e querce, dove vivono barbagianni, allocchi, nibbi, saettoni, istrici, tassi e orchidee erano iniziati i lavori per realizzare due lottizzazioni per un totale di 55 ettari, 173 mila metri cubi, 1.500 nuovi abitanti, strade, parcheggi, c'è anche un centro commerciale. Un'altra Tormarancia, un po' più piccola. Com'è possibile uno scempio del genere?, si indignava il cronista. Per poi riconoscere che, ahimè, è tutto legittimo, non c'è niente da eccepire. Si tratta del famigerato articolo 18 della cosiddetta legge Prandini. Uno dei più ignobili provvedimenti dell'ultimo decennio che, con il pretesto della lotta alla criminalità, apre spazi altrimenti inconcepibili alla speculazione fondiaria. Peccato che quando in pochissimi si opposero all'utilizzazione a Roma della legge Prandini, furono ignorati dalla grande stampa e dai partiti, di destra e di sinistra.
4. In effetti, a Roma, da sette anni non si discute più di urbanistica. Ma una città può fare a meno di ragionare intorno al suo futuro? Non rischia di perdere l'anima? La prassi tradizionale di formazione dei piani regolatori presentava tanti inconvenienti, l'ho appena ricordato, determinava però l'occasione irrinunciabile per discutere in ogni sede, e in ogni modo, della città, del suo territorio, del suo passato, del suo avvenire, grazie anche alle osservazioni consentite a tutti i cittadini (non previste invece dai nuovi strumenti derogatori). Berdini ricorda che ai tempi della giunta di sinistra presieduta da Ugo Vetere, quando fu portato a conoscenza della città il piano di edilizia economica e popolare, che prevedeva circa dieci milioni di metri cubi, si scatenò l'opposizione delle associazioni ambientaliste, che obbligarono a rivedere quel provvedimento, e cominciò così la crisi dell'amministrazione di sinistra. Oggi, di fronte a decisioni che consentono interventi cinque volte più grandi, tutto tace. Segno dei tempi, della sfiducia nella politica, eccetera. Ma non può durare.
5. Torno al confronto con Milano. Credo che l'amministrazione capitolina non possa continuare per la strada ipocrita del pianificar facendo e debba infine decidere se proseguire secondo il rito ambrosiano, senza camuffarlo, o, viceversa, riprendere la strada maestra della pianificazione. Aggiornandola, ovviamente, e facendo tesoro delle migliori esperienze italiane. Non è una scelta facile, e non so se chi finora si è mosso per piani obliqui sia capace di rimettersi in discussione. Certo sarebbe magnifico se l'urbanistica di Roma si presentasse in alternativa a quella della destra lombarda.
Corriere della Sera - 6 luglio 2000
Piano regolatore, atto I Ma l’avvio è polemico
di Giuseppe Pullara
Una strana Conferenza urbanistica si apre stamane alla facoltà di Urbanistica all’ex Mattatoio: l’assessore al Territorio Cecchini, che l’ha organizzata, vorrebbe che la stampa quasi non ne parlasse. Rifondazione comunista dichiara polemicamente che non intende parteciparvi (dopo averla richiesta per mesi), alcuni esponenti politici del centrosinistra (Morassut, dei Ds e Esposito, dei Verdi) la considerano 'un semplice avvio di dibattito' e niente più, mentre i costruttori (Buzzetti dell’Acer) temono il rischio 'che sul da fare non si chiarisca niente'. All’ordine del giorno dell’incontro che durerà tre giorni c’è il nuovo Piano regolatore, un tema che suscita forti attese sulle decisioni riguardanti il futuro sviluppo di Roma. A ogni giorno il suo tema: regole e obbiettivi del Prg, i soggetti e le scelte, il percorso. Decine di partecipanti e di invitati. Secondo Rifondazione (in fase precongressuale) ci sono tutti gli addetti ai lavori ma non la città dei cittadini espressa nelle rappresentanze di base: per protesta non ci sarà. Tra parentesi, non ha un posto ufficiale neppure Italia Nostra e molti movimenti ecologisti anche se in pratica sono invitati tutti, compresi 'gli alunni delle elementari e medie'.
Se dovesse entrare nel vivo del nuovo disegno urbano, la Conferenza produrrebbe un falò politico simile a quello che ha distrutto la pineta di Castelfusano. Tanto per dirne una: ci sono idee contrastanti su ciò che il vecchio Piano del ’62 (in corso) consente ancora di costruire. Secondo alcuni, 12 - 16 milioni di metri cubi, secondo altri nulla più. Non è una differenza da poco. A parte il 'residuo', che comprende combustibili come la lottizzazione di Tor Pagnotta tra Gra e Laurentina (5-6 milioni di mc), c’è da chiarirsi le idee su nuove iniziative (rispetto al Piano del ’62) come Tor Marancia e le localizzazioni delle 'compensazioni'.
E ancora: come devono essere gestiti gli strumenti anti-programmatori come gli accordi di programma, le conferenze di servizio o gli 'articoli 11' (nuova edificazione di riqualificazione e di completamento d’iniziativa privata sotto indicazione pubblica)?
In realtà il nuovo piano regolatore - che la giunta vorrebbe far approvare dal Campidoglio entro l’anno - è una vera patata bollente nelle mani dell’amministrazione. Con l’avvicinarsi della scadenza del mandato di Rutelli decidere quanto, come e dove si potrà costruire a Roma nei prossimi anni implica la possibilità di scontentare sinistra e ambientalisti da un lato e le forze centriste dall’altro: chi è più preoccupato per le nuove edificazioni e chi lo è meno. Il centrosinistra capitolino, che in queste settimane sta facendo grande fatica a mettere a punto la fase finale del programma, rischia una faglia interna.
Per questo qualcuno pensa di lasciar perdere tutto: e del nuovo Piano si occupi chi verrà dopo Rutelli.
Comunicato dell'Ufficio Stampa WWF Lazio - 12 marzo 2000
PRG di Roma: costruire cosa per chi?
Il nuovo Piano Regolatore di Roma, presentato qualche tempo fa e sottoposto al pubblico dibattito, secondo il WWF costituisce un grave passo indietro rispetto agli annunci di nuova pianificazione dell’amministrazione. Complessivamente il Piano prevede circa 53 milioni di metri cubi di nuovo edificato che, se realizzati, darebbero il colpo definitivo all’Agro Romano. Quasi 11.500 ettari di nuova edificazione sono previsti dal Piano nella cosiddetta “Città della trasformazione”. Se è vero che l’istituzione nel ’97 delle nuove aree protette dell’Agro ha messo sotto tutela teorica migliaia di ettari, è vero anche che la complessiva infrastrutturazione del territorio (grandi opere etc.), l’abusivismo ancora non sotto controllo ed alcune opere pubbliche, continuano ad aumentare il livello di degrado e di cementificazione di dette aree. Con l’edificazione teorica del nuovo piano verrebbero ad essere definitivamente cancellati i corridoi biologici fra il sistema litorale di Casel Porziano – Decima ed il sistema Appia – Colli Albani. Inoltre le aree di nuova espansione vengono poste senza alcun criterio, secondo l’assurda logica del “pianificar facendo” di cecchiniana memoria, nel bel mezzo dell’Agro senza connessione con il sistema dei trasporti su ferro in totale spregio alle previsioni del Comune stesso. Costruire quindi, ma per chi? Tutti i dati elaborati indicano come l’esigenza abitativa a Roma sia formata da giovani coppie ed anziani a basso reddito, mentre l’emergenza abitativa è data da circa 5.000 tra famiglie ed individui in forte disagio sociale. Le nuove previsioni del PRG non andrebbero a soddisfare queste esigenze. Il milione circa di vani inutilizzati, le enormi cubature commerciali ed ex-industriali dismesse indicano invece come il mercato potrebbe essere ampiamente soddisfatto da tali cubature, sia tramite riutilizzi, che abbattimenti e ricostruzioni. Ancora una volta, come accade da oltre un secolo, prevalgono le logiche edificatorie a tutto danno della vivibilità, della salute e della tutela dell’ambiente.
1999 WWF Gruppo Attivo Roma XI